Punto luce ottobre 2022 - VITA APOSTOLICA E INSERIMENTO ECCLESIALE E SOCIALE

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Testo del Punto_luce di_ottobre saricabile_2022.pdf

Carissime e carissimi tutti,

la vocazione di noi cristiani è l’amore, che si esprime nei vari aspetti della vita concreta, fra questi è prioritaria l’importanza della vita apostolica, del nostro impegno cioè nell’evangelizzare il mondo in cui viviamo prima di tutto con la testimonianza della nostra vita e poi con l’annuncio esplicito.

Apriamo, allora, il nostro cuore agli altri con cui viviamo e che ogni giorno incontriamo, sapendo che tutti siamo amati da Dio, che per tutti Gesù ha versato il suo sangue sulla croce, che siamo tutti figli e figlie dello stesso Padre.

Facciamoci divorare come gli apostoli dal fuoco della carità e dall’ardore missionario, che li ha spinti ad andare in tutto il mondo e a dare la vita per Gesù.

Siamo chiamati a vivere la missione evangelizzatrice della Chiesa là dove viviamo e operiamo

 

Vita apostolica

Il Verbo di Dio, incarnandosi e morendo in croce per noi, ci ha resi partecipi della sua vita divina accogliendoci nella Trinità, prima di andarsene ha inviato gli apostoli in tutto il mondo per proclamare il Vangelo della salvezza a ogni creatura (cf. Mc 16,15). La Chiesa continua la stessa missione evangelizzatrice degli apostoli, depositaria della buona novella, è inviata all’umanità di tutti i luoghi e di tutti i tempi per annunciare che Gesù è il Salvatore e il Redentore di tutti e dell’intera creazione.

Anche noi, membra della Chiesa, siamo chiamati ad evangelizzare gli altri proclamando la buona notizia della salvezza, testimoniando il Vangelo della carità non solo con la parola, ma soprattutto col nostro amore reciproco. Gli altri dovrebbero riconoscerci come autentici discepoli di Gesù da come ci amiamo vicendevolmente. «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,15), in tal modo Gesù ci esorta a vivere in comunione fra noi. L’esito dell’evangelizzazione appare così legato alla nostra testimonianza; prima della parola deve essere la nostra vita a parlare: la testimonianza della comunità unita nel nome di Gesù. Siamo chiamati a comunicare la nostra fede; memori dell’affermazione di Gesù: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra: e quanto vorrei che fosse già acceso» (Lc 12,49), dobbiamo prodigarci in mille modi per la causa del Vangelo. Nella lettera ai Romani l’apostolo Paolo spiega l’importanza dell’annuncio: «Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? Dunque, la fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo» (Rom 10, 14b17).

Col fervore degli apostoli non arrestiamoci davanti a nessuna difficoltà sentendo in noi forte e chiaro l’imperativo di Paolo: «Guai a me se non annuncio il Vangelo» (1Cor 9,16).

L’amore scambievole è, dunque, il fondamento del nostro annuncio, è il fuoco che contagia gli altri venuti a contatto con noi, perché così il Regno di Dio si diffonda nel mondo e tutti diventino una cosa sola in Cristo Signore.

L’amore vicendevole deve estendersi a tutti indistintamente, perché siamo figli e figlie dello stesso Padre; perché questo avvenga è necessario che la nostra vita apostolica sia incentrata sulla carità fra noi e verso ogni prossimo che incontriamo. Dobbiamo imparare ad amare ogni persona con totalità, senza pensare a chi abbiamo incontrato prima o a chi incontreremo dopo. Saper sostare per sentire i vari bisogni di ogni fratello o sorella con cui veniamo a contatto è la via maestra per annunciare la buona notizia del Vangelo.

Amare gli altri significa immedesimarsi, comprenderli, donarsi a tutti e a ciascuno senza ripiegamenti su di sé, rinnegando il proprio io. Se sapremo stabilire dei veri rapporti di amicizia sarà più facile che gli altri, attirati dal nostro modo di relazionarci con loro, siano interessati alla nostra vita e ci domandino di parlare della nostra fede. Non è possibile l’annuncio evangelico se prima non ci sia chi ascolta, è questa la condizione previa per l’efficacia dell’evangelizzazione.

Se poi ci vengono affidate delle persone dobbiamo fidarci della missione che ci è stata data e superare ogni timidezza nel lavorare per il Regno di Dio, sapendo aiutare con pazienza gli altri a crescere nella fede coi loro tempi, fino a immetterli nella vita della comunità cristiana, senza legarli a noi con un rapporto puramente umano e personale.

Va anche tenuto presente che Dio ha un preciso disegno d’amore su ciascuno e che aiutare il fratello o la sorella a noi affidati è anche accompagnarli nella scoperta della loro vocazione perché trovino il loro posto nella Chiesa e nella società.

Anche se, a volte, la vita apostolica ci chiede di parlare a un gruppo o a una folla, va, però, tenuto presente che, come per Gesù, che ha chiamato gli apostoli ad uno ad uno, così per noi, quel che conta è il rapporto personale con ciascuno; se vogliamo edificare la comunità e la Chiesa con l’apporto di nuovi apostoli del Vangelo, dobbiamo essere pronti a farci usare da Dio come suoi strumenti per conquistare altri a Cristo, prendendoci cura di ciascuno.

Anche con i membri delle nostre famiglie, a volte lontani da Dio e divisi da varie tensioni, è importante saper restare in contatto, ricorrendo, se è il caso, a piccoli segni: un dono, un saluto, una visita, tutto può servire a lasciare un varco per Dio aperto nei loro cuori.

La nostra vita apostolica deve rivolgersi a tutti, indistintamente, a cominciare da coloro che Dio ci affida, operando con amore perché tutti siano una cosa sola in Cristo Gesù.

 

 

 

Inserimento ecclesiale e sociale

In quanto cristiani, là dove lavoriamo o operiamo, siamo chiamati a essere segno e sacramento della comunione trinitaria nella Chiesa e nella società, perché il mondo creda all’efficacia della Buona Novella.

Dobbiamo anzitutto vivere tra noi, come comunità cristiana, quella comunione nello Spirito, che desideriamo comunicare agli altri; solo così gli autori della nostra missione saranno Gesù e Maria presenti nella nostra reciproca unità e operanti tramite noi.

È questo il senso di un inserimento ecclesiale e sociale efficace e incisivo al di là dei diversi impegni apostolici e della varietà di forme e di presenza, a seconda della vocazione di ciascuno.

Né si può svolgere un vero servizio apostolico senza essere in dialogo con i vescovi e senza tener conto degli orientamenti del Magistero.

All’interno della Chiesa e della società un’azione apostolica ispirata al Vangelo della carità deve, a mio avviso, mirare a stabilire rapporti trinitari tra persone, gruppi e istituzioni, promuovendo la comunione tra il sacerdozio ministeriale e quello regale. In tutto questo il principio mariano accanto a quello pietrino perfettamente armonizzati aprirebbero la Chiesa e la società a una nuova comprensione del ruolo della donna e a una nuova visione della persona umana integralmente presa e potenziata nelle sue energie vitali e nella sua dignità.

In ogni campo il contributo di ogni persona, istituzione o movimento andrebbe ordinato allo sviluppo della dimensione comunionale della Chiesa, valorizzando nell’unità lo specifico apporto dei vari progetti apostolici.

Siamo chiamati ad essere agenti di trasformazione, favorendo una visione trinitaria delle strutture sociali, che dia più spazio alla collaborazione e valorizzi le diverse funzioni e competenze.

L’amore e l’apertura alla Chiesa e alla società deve animare ogni iniziativa apostolica.[1] 

È importante, in ogni ambiente e in ogni circostanza, agevolare la comunione tra le persone di varia età, nel rispetto di ogni distinzione, a cominciare da quella fondamentale: uomo-donna. La promozione della donna, il rispetto dei ruoli e delle funzioni di ogni persona nell’armonia dell’insieme, l’unificazione della persona umana e delle sue energie affettive e psico-fisiche ordinate all’Amore sono elementi fondamentali di un vero itinerario formativo personale e comunitario improntato al Vangelo.

Solo una profonda e radicale apertura a Dio Amore può darci una nuova visione della Chiesa e della società.

 

Missione evangelizzatrice

Evangelizzare è la vocazione della Chiesa, la sua ragion d’essere; oggi più che mai la nostra missione deve essere quella di cooperare all’estensione e al consolidamento della Chiesa-comunione, in vista di chiamare, tramite lei, l’umanità a partecipare alla vita trinitaria nella quale Cristo Signore ci ha immessi incarnandosi e morendo in croce per noi.[2]

Perché la comunione trinitaria informi sempre più la Chiesa e la società, perché il Vangelo della carità animi sempre più le persone e le strutture ecclesiali e sociali, non va poi dimenticata l’importanza della presenza di Maria nella missione evangelizzatrice, in unità con lei diventerà più facile condurre i cuori a Gesù, amare ogni persona con un cuore di madre, col suo cuore, è questa una strada efficace per l’umanizzazione e cristianizzazione della società, oltre che per la vivificazione della Chiesa.

La nostra missione deve tendere a suscitare una corrente di vita e di spiritualità rappresentata da persone di varia estrazione, età, stato di vita, credo, cultura e nazionalità che, in modi diversi, vengano attirate e influenzate da un autentico spirito di comunione e lo diffondano là dove vivono e operano.[3] In tal modo inietteremo una nuova energia vitale nella compagine ecclesiale e sociale, contribuendo non poco ad aprire i cuori all’accoglienza della buona novella. Per la strada dell’unità e della comunione fra persone, realtà, gruppi, popoli, il mondo potrà camminare sulla traiettoria del Vangelo ritrovando l’itinerario percorribile per arrivare dalla terra al Cielo. La nostra missione evangelizzatrice è quella di indicare all’umanità di oggi, assetata di amore e di bellezza, il segreto della Vita nuova: l’unità di tutti in Cristo, in comunione con la Vergine Madre.

 

 

 

                                                                                                          Sr. Nunziella

 

[1] Cf. Costituzioni delle Suore del Bell’Amore, Vita apostolica, cap. V.

[2]  Cf. Costituzioni…, cap, I, art. 2.

[3] Cf. Direttorio…, cap, IV, art. 56.