Dicembre 2013 - Perché mi hai dato un corpo ho detto io vengo

Questa meditazione della Madre viene approfondita per tutto il mese, negli incontri promossi dall'Istituto delle Suore del Bell'Amore e relativi Cenacoli, come anche altrove.

Meditazione proposta dalla Madre come Punto luce del mese di dicembre 2013.

 

 Perché mi hai dato un corpo ho detto io vengo (cfr. Eb 10,5-7)

Carissime, carissimi tutti,

voglio tornare con voi sul tema della nostra corporeità vista alla luce del mistero dell'incarnazione.

È importantissimo imparare ad amare Dio con tutto il cuore e con tutte le forze, per far questo dobbiamo prendere sempre più coscienza di ciò che siamo e di come Dio ci ha fatti, ci vede e ci conduce.

 

Non sempre la contemplazione del mistero dell'incarnazione ci porta a cogliere le sue conseguenze nella nostra vita quotidiana, ancor meno quando si tratta di far luce sulla nostra corporeità, avvertita spesso più come limite che come dono. Solo in Maria e nell'umanità del Verbo incarnato il nostro corpo può rivelarsi nel suo significato profondo di altare e vittima del sacrificio, in Cristo Gesù.

Dopo il peccato originale la vergogna ci ha impedito di scorgere la bellezza originaria del corpo umano uscito dalle mani di Dio, ma se, aiutati dalla grazia, fissassimo lo sguardo sull'Immacolata, forse riscopriremmo in lei tale bellezza: Maria è, infatti, come qualunque altra donna. La descrizione della sposa del Cantico dei cantici può, adeguatamente, dire qualcosa di lei. La Mamma nostra è stata coinvolta interamente, corpo e anima, nel suo rapporto con Gesù; si distanzia immensamente dagli altri santi anche a motivo del suo corpo immacolato e assunto in cielo; tutta la sua sessualità è interessata alla sua maternità divina che sboccia dalla sua verginità nel modo più umano e più concreto.

La bellezza della sposa del Cantico richiama l'analoga descrizione dello sposo. Nell'unica persona del Verbo incarnato tutto è divino e umano, la sua umanità è la nostra, l'ha presa da noi in Maria.

La nostra finitezza non è un ostacolo, perché si spalanca sull'Infinito. Nel mistero dell'incarnazione solo il male è un impedimento; ma dov'è il peccato? Non è in noi, né nell'anima, né nel corpo, dal momento che Gesù ci ha redenti, ma soltanto nella deliberata ribellione allo stupendo, grandioso piano di Dio di incorporarci tutti in Cristo per Maria, per essere un solo Corpo, un solo Spirito, un solo Cristo.

«(Signore) tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato» (Sap 11,24).

A volte si rischia di mutilare il Cristianesimo relegandolo in una sorta di angelismo destinato a salvare l'anima, nonostante il corpo, visto come realtà troppo pesante per accedere ai livelli della mistica, eppure anch'esso è destinato alla gloria: "Questa mia carne vedrà il Salvatore" (cfr. Sal 16,10; 2Mac 7,9; Gb 19,25).

Gesù e Maria hanno avuto un corpo fatto come il nostro. Se Dio ci ha creati in un certo modo, c'è da dire che tutto ciò che esce dalle sue mani è degno di lui in ogni particolare, niente escluso. Forse dobbiamo iniziare una nuova educazione dell'uomo e della donna, imparando a vivere con lucida consapevolezza il mistero della nostra corporeità vista in Cristo e in Maria. Tutto ciò che riguarda il nostro corpo può essere vissuto come liturgia di lode e offerta piena al Signore della vita, nell'accettazione di sé e di ciò che siamo piena e consapevole.

Ogni nostra azione domanda di essere assunta dal Verbo incarnato, deve, in qualche modo, morire in lui per risorgere come atto immacolato.

Se Dio ha assunto la nostra umanità, ogni nostro gesto può diventare gesto di Dio. Tutto il creato e il corpo, capolavoro della creazione, si svelano nella loro perfezione e capiamo che dobbiamo, per così dire, assumere tutto, essere tutto. Non basta amare tutti, bisogna anche amare il creato: i fiori, gli alberi, le strade, le cose… e il nostro corpo.

Gesù deve immacolatizzarci nella totalità del nostro essere corporeo.

Migliaia di peccati di concupiscenza gravano sull'umanità, eppure basta Cristo, con la Vergine Madre, per redimere tutto il male del mondo; la nostra immacolatezza, ancora in fieri, non è un'aggiunta alla loro, ma la stessa unica "concezione immacolata"[1].

I nostri corpi verginizzati dall'amore sono le membra vive del Risorto: un solo mistero, un'unica abissale armonia.

Il Verbo incarnato ha assunto la carne in tutta la sua concretezza.

Ogni giorno grava sull'umanità il peso della sofferenza, della malattia e della morte: è l'immolazione della croce che continua.

Ogni giorno nuove creature umane vengono generate nel dolore del parto per diventare col Battesimo, figli di Dio, in Cristo Gesù: in ogni madre è, in qualche modo, presente la Madre: Maria.

In Gesù e Maria riscopriamo la dignità della nostra persona: non c'è azione umana che non sia ad un tempo spirituale e corporea: ogni dualismo è superato.

Nel Crocifisso ogni tribolazione della carne (cfr 1Cor 7,28) è assunta e trasformata in grido gioioso di vita infinita.

Alla scuola di Maria, fatti piccoli per grazia, possiamo vivere, per così dire, l'adolescenza del corpo immacolato, prendendo coscienza della nostra persona, di come siamo fatti nella luce del mistero dell'incarnazione.

Gesù vuole entrare in noi, non solo nello spirito, nella mente, nella volontà, ma anche nel cuore, nella psiche, fino alle radici più profonde del nostro essere, fino a prendere il nostro corpo.

"L'ultimo atto è la risurrezione della carne… L'uomo cristiano è l'uomo della risurrezione. Non si può tendere come fine a una vita puramente spirituale e tuttavia dobbiamo passare di là. Il cammino passa di là - dallo spirito verso la carne".[2]

Quando si dice che l'amore cristiano domanda di esser pronti a dare la vita per gli amici (cfr. Gv 15,13), si intende parlare anche del corpo. Il dono di noi non sarà completo finché, nella malattia e nella morte, non sarà coinvolto anche il corpo, allora il Cristo ci avrà preso interamente, trasferendo in noi la sua passione.

Gesù vuole "assumere" tutto di noi fino alla nostra sensibilità, vuole far sua la nostra stessa ricchezza affettiva per amare attraverso noi. Solo con le nostre mani può ancora accarezzare i bambini, può esprimere, in gesti visibili, la purezza e la tenerezza divina del suo amore nella forza ricreatrice dello Spirito.

Noi, da parte nostra, dobbiamo vivere l'olocausto delle nostre energie affettive, offrendole a Gesù perché viva e si esprima in noi e attraverso noi. La differenza tra l'olocausto e il sacrificio è che quest'ultimo si fa una volta per tutte, mentre il primo è costantemente offerto, è il roveto della Scrittura che brucia senza mai spegnersi (cfr. Es 3). Dio santifica la nostra sensibilità quanto più viviamo la fedeltà a questo olocausto; tutti: sacerdoti, laici, persone consacrate… siamo chiamati, in modi diversi, a vivere quest'offerta a Dio della nostra carica affettiva, fino all'unificazione interiore della nostra persona integralmente presa.

Il Verbo, irrompendo con la forza dello Spirito nella nostra umanità liberata, potrà allora manifestare la tenerezza e l'ardore del suo Cuore immacolato vibrante d'amore per gli uomini e le donne di tutti i tempi.

 

Impegniamoci, allora, in questo periodo ad offrire a Dio tutte le nostre energie affettive per permettere a Gesù e a Maria di vivere in noi e di amare attraverso noi ogni prossimo che incontriamo.

Amiamo, col nostro cuore sintonizzato su quello di Maria, amiamo con un cuore di Madre; dilatiamo il nostro cuore alle dimensioni del Cuore di Gesù, per amare tutti e ciascuno, senza esclusione di persone. 

Restandovi unita,

sr. Nunziella Scopelliti


[1] Cfr. San Massimiliano Maria Kolbe, Chi sei, o Immacolata?, Ed. Monfortane, Roma 1982.
[2] Divo Barsotti, Ebbi a cuore l'eterno, Ed. Rusconi, Milano 1981, pp. 71-72.