Gennaio 2018 - Dio mandò il suo Figlio, nato da donna

Il testo proposto per il punto luce di gennaio è tratto dal II capitolo del testo di sr. Nunziella, Maria incanto e mistero, Effata 2016, di seguito riportato.

 

DIO MANDÒ IL SUO FIGLIO, NATO DA DONNA (Gal 4,4)


Questi è il Figlio mio, l'amato:in lui ho posto il mio compiacimento (Mt 3,17)

Figlio del Padre celeste, nella Trinità, Gesù è anche Figlio di Maria, resa, in qualche modo, partecipe della paternità del Padre.
Dio ha tanto amato il mondo da inviare, nella «pienezza del tempo, […] il suo Figlio, nato da donna» (Gal 4,4).
L'amore del Padre si esprime nella tenerezza materna di Maria per Gesù.
Dio stesso ha preparato Maria alla sua singolare missione; da tutta l'eternità, per venire nel mondo, è su questa Vergine che Dio ha posto il suo sguardo.
Col Padre anche Maria può dire di Gesù: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento» (Mt 3,17).
Amando suo figlio, Maria ama il suo Dio; porta nel suo seno colui che vive, eternamente, nel seno del Padre: Maria porta Gesù, ma Gesù porta Maria nella Trinità. La Vergine ama il Figlio di un amore materno, che riflette quello del Padre per il suo Unigenito; ella apprende a contatto col Figlio l'insondabile mistero della Trinità.
Il concepimento e la nascita verginale di Gesù sono, per così dire, l'estensione nel tempo dell'eterna generazione del Figlio nel seno del Padre. Si potrebbe dire, con sant'Agostino, che nella Trinità il Figlio è generato da un Padre senza madre e quaggiù da una Madre senza padre. (CFR. SANT'AGOSTINO, Discorso 375/C, 7)


Gesù cresceva in sapienza, età e grazia… (Lc 2,52)

Gli anni della vita nascosta a Nazareth vedono il dispiegarsi della relazione di Maria con Gesù nella semplicità della quotidianità.
La Vergine Madre traduce in afflato umano la bontà e la tenerezza del Padre celeste per il suo Unigenito; così Gesù può ritrovare, in un certo senso, nella Madre l'amore del Padre e si lascia plasmare da lei per imparare ad amare, col suo cuore di uomo, il Padre celeste, che ama, divinamente, da tutta l'eternità. Non per niente la Scrittura ci dice che «Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52).
Incarnandosi per farci figli di Dio in lui, Gesù resta Figlio; la sua obbedienza e il suo amore per Maria sono quasi la trasposizione, sul piano umano, di ciò che costituisce la sua identità di Figlio, nella Trinità.
Al seguito di Gesù, nessun cristiano può, allora, sfuggire all'obbedienza, ciò significa che non esiste una comunità che voglia vivere una vita di comunione e di unità, senza che ci sia chi faccia da «padre-madre» nella dinamica relazionale.
Una comunità autenticamente umana, oltre che cristiana, non si può costituire senza relazioni trinitarie: dove c'è amore si è uguali in dignità, ma non nei compiti e nei ruoli da svolgere.
Cristo Signore viene a renderci partecipi di tale vita trinitaria. In Gesù tutti siamo chiamati a partecipare alla stessa esperienza di Maria col suo Figlio unigenito.
Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano (Lc 11,28)
Dopo i trent'anni della vita nascosta vissuta a Nazareth, Gesù inizia la sua predicazione per le strade della Palestina; nel corso dei tre anni della vita pubblica, Maria lo segue da lontano per riapparire alla fine sotto la croce.
Un brano del Vangelo di Luca getta luce sul rapporto della Madre col Figlio. Una donna del popolo, piena di ammirazione per Gesù esclama: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato - Gesù risponde: - Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano» (Lc 11,27-28).
Maria non è tanto grande perché ha generato Gesù, quanto perché ha vissuto la Parola di Dio, è tutta Parola di Dio, al punto tale d'aver generato Gesù, che è il Verbo di Dio.
Se sulla croce Gesù è la Parola pienamente spiegata e rivelata a noi, Maria è la Parola interamente accolta e tradotta in vita.
Anche noi siamo chiamati a nutrirci ogni giorno della Parola di Dio, per diventare, per così dire, parole nella Parola.


Ecco tua Madre (Gv 19,27)

La vita della Vergine Madre si può sintetizzare in una sola parola: fiat; tutto il suo itinerario terreno è incastonato tra il fiat dell'annunciazione e il fiat della desolazione sotto la croce.
Quando, sul Calvario, il Crocifisso grida il suo abbandono: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mt 27,46), in quel momento appare solo uomo; non è vero che il Padre lo abbandona, ma egli si sente senza il Padre, al punto tale che lo chiama Dio, e senza la Madre: l'ha data a Giovanni.
All'abbandono di Gesù, fa eco l'abbandono di Maria: anche lei, a ragione, rivolta al Figlio, può dire: «Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Nel Verbo incarnato, umiliato e crocifisso ingiustamente, si manifesta nella carne l'infinita «maternità» del Padre. Il Crocifisso è, per così dire, madre di sua Madre: la genera immacolata. Il grido dell'abbandono di Gesù sulla croce può considerarsi il grido del parto dell'Uomo-Dio, che genera la nuova creazione e in particolare Maria, Madre della Chiesa.
Maria nasce dal Crocifisso, è immacolata in vista di lui.
Sul Calvario, Gesù, rivolto alla Madre, indicando Giovanni, dice: «Ecco tuo figlio» (Gv 19,26), quasi a dirle: «Mi ritroverai, in Giovanni»; Maria, infatti, da quel momento, ritroverà la presenza del Figlio in tutti i suoi figli, figli nel Figlio, sarà la Madre di tutto il Corpo mistico e di ciascuno.
La Vergine Madre, associata alla croce, in una compassione che fa di lei la Corredentrice con Cristo, Vergine Sposa, si pone così, quale nuova Eva accanto al nuovo Adamo, all'inizio della nuova creazione; non per niente, a differenza di tutti gli altri santi, il cui corpo rimane in terra e si decompone, le cui reliquie possiamo trovare in tanti posti della terra, Maria è stata assunta in cielo in anima e corpo, unita a Gesù nella passione, lo è stata anche nella gloria.
Se Gesù crocifisso dice a Giovanni: «Ecco tua madre» (Gv 19,27), ciò significa che la strada perché la redenzione diventi efficace in noi è Maria, che tutta la grazia del Cristo passa a noi attraverso lei, mediatrice di tutte le grazie; ciò significa, anche, che, se non prendiamo, come Giovanni, a casa nostra, Maria, non sarà facile per noi arrivare a Gesù.
Maria esprime la nostra vocazione, il rapporto che anche noi siamo chiamati ad avere con Cristo Gesù, in lei e con lei.


Maria assunta in Cielo

La Vergine assunta in cielo, partecipe della gloria di Gesù risorto, diventa la presenza universale di una maternità, che abbraccia tutti e ciascuno.
Ai piedi della croce, Maria accoglie in Giovanni l'umanità intera, dilatando il suo cuore alla dimensione della maternità universale, ma solo dopo l'assunzione sarà resa partecipe della vita divina e diventerà intima a ciascuno di noi.
La presenza di Maria assunta è un mistero avvincente, inimmaginabile, tutto da scoprire; la Vergine può, oggi, esercitare la sua maternità in relazione a ciascuno di noi, ovunque e dappertutto; associata alla stessa gloria di Gesù risorto, partecipa anche col corpo alla vita di Dio, ciò significa che è presente ovunque c'è un suo figlio o una sua figlia; è presente col corpo e con l'anima, non si tratta della stessa presenza dei santi, nessuno di essi ha questo privilegio, per Gesù e per Maria, invece, il mistero si è compiuto; tutta la gloria futura di tutta la creazione parteciperà della loro gloria.
Non possiamo entrare in comunione con Gesù senza essere resi, in qualche modo, partecipi del rapporto di Maria con Gesù, come figli con la propria Madre; la sua presenza materna, in corpo e anima, accanto a ciascuno di noi, è una realtà che ci avvolge, sia che ne siamo consapevoli, sia che non lo siamo; con lei il cammino della vita diventa più agevole.